Haiku Innovation - Guida al Digital Management in 17 Blocchi
Per vedere l'invisibile e agire l'impensabile.
Prefazione
di Alberto Giusti
Viviamo un tempo ibrido. Un tempo in cui le vecchie mappe non bastano più a interpretare la complessità e in cui i nuovi territori — digitali, cognitivi, relazionali — non possono essere attraversati con la sola bussola della tecnica. Un tempo in cui la trasformazione digitale ha smesso di essere una questione solo tecnologica per diventare una questione esistenziale, prima ancora che organizzativa. E in un tempo così, ciò che manca non è l’informazione, ma la visione. Non è la capacità di eseguire, ma quella di comprendere. Non è la connessione, ma il significato.
È in questo spazio di mancanza — fecondo, urgente, spesso silenzioso — che si inserisce Haiku Innovation, l’opera più matura e necessaria di Fabio “Ma” Colombo. Un libro che non si legge soltanto: si attraversa. Non si limita a spiegare: evoca, interroga, accompagna. Non offre certezze lineari, ma coordinate per l’incertezza. Perché il punto non è più sapere dove andare, ma imparare a muoversi nel mentre, ad abitare la transizione con intelligenza progettuale e radicamento culturale.
Conosco Fabio da tempo. Lo stimo come consulente, come innovatore, ma prima ancora come intellettuale inquieto e artigiano del pensiero. Questo libro è la sintesi più potente del suo approccio: un equilibrio raro tra struttura e ispirazione, tra rigore metodologico e apertura simbolica, tra concretezza manageriale e profondità filosofica. È un’opera che parla al manager e all’imprenditore, ma anche all’educatore, al formatore, al lettore curioso che non si accontenta di modelli prêt-à-porter. Perché l’ambizione di Haiku Innovation non è solo quella di trasferire competenze: è quella di trasformare paradigmi.
Una nuova grammatica per il cambiamento
La struttura in 17 blocchi – o oloni, come li chiama l’autore, recuperando un termine della biologia dei sistemi complessi – non è solo un espediente narrativo. È una dichiarazione di metodo. Ogni blocco è un’unità autosufficiente, ma interconnessa. Ogni capitolo propone un principio, un’immagine, un modello, ma anche una domanda radicale: come trasformiamo la nostra cultura organizzativa per renderla adatta all’epoca che stiamo vivendo?
In un momento storico in cui il management rischia di ridursi a rituale, in cui la digitalizzazione è spesso confusa con l’automazione cieca, Haiku Innovation reintroduce l’elemento umano come leva trasformativa. Parla di business, certo, ma lo fa attraverso la lente dell’antropologia, della mitologia, dell’estetica giapponese, della filosofia greca, della letteratura di Salgari e delle spedizioni di Shackleton. E in questo incastro di registri, il libro ci ricorda che ogni trasformazione profonda nasce da un’intuizione: la forma è già contenuto. Lo stile con cui guardiamo il mondo plasma il mondo che contribuiamo a generare.
L’autore ci propone quindi una nuova grammatica per il cambiamento, una grammatica che integra elementi apparentemente opposti: il silenzio e la strategia, la mappa e il territorio, l’azione e la contemplazione. È una grammatica che non esclude, ma include. Non semplifica, ma chiarifica. Non riduce, ma ordina il caos per renderlo abitabile.
Il Rinascimento Esponenziale e l’urgenza del senso
In questi anni ho spesso parlato della necessità di un Rinascimento Esponenziale, un’epoca in cui l’Italia — forte del suo patrimonio culturale e della sua creatività — può giocare un ruolo decisivo nell’umanizzare la trasformazione tecnologica. Non si tratta di inseguire i modelli della Silicon Valley, ma di riscoprire il genius loci del nostro modo di innovare: un approccio integrato, armonico, sistemico, che tenga insieme la bellezza, l’utilità e la sostenibilità.
Haiku Innovation è, in questo senso, un testo rinascimentale. Non solo per la ricchezza delle sue fonti, ma per l’impostazione che propone: un pensiero che unisce, che connette, che ibrida. Un pensiero che rifiuta la falsa dicotomia tra cultura umanistica e cultura tecnico-scientifica, e che anzi costruisce ponti tra dati e narrazioni, tra canvas operativi e archetipi simbolici, tra metriche e miti.
Fabio Colombo, con questo lavoro, interpreta perfettamente l’urgenza del nostro tempo: recuperare il senso. Non solo “fare innovazione”, ma capire perché, per chi, e con quale visione del mondo. Non solo trasformare le aziende, ma contribuire a trasformare la società. Non solo adattarsi al cambiamento, ma diventare soggetti attivi di un cambiamento che sia giusto, sostenibile, generativo.
Leadership come navigazione e presenza
Uno dei passaggi più potenti del libro è il confronto tra Salgari e Shackleton, due modelli di leadership profondamente diversi ma ugualmente necessari. Salgari, il visionario che crea mondi senza mai visitarli, rappresenta la potenza dell’immaginazione strategica, della mappa mentale, della visione analitica. Shackleton, l’esploratore che guida i suoi uomini tra i ghiacci dell’Antartide, incarna la presenza fisica, l’adattamento sul campo, la guida incarnata.
Oggi abbiamo bisogno di leader che sappiano essere entrambi. Che sappiano progettare come Salgari e agire come Shackleton. Che sappiano elaborare scenari complessi ma anche sporcarsi le mani nelle crisi. Che sappiano ispirare con la parola e con l’esempio. E che sappiano, soprattutto, ascoltare.
Il modello di leadership che emerge da Haiku Innovation non è verticale né eroico, ma relazionale e situazionale. È una leadership fatta di domande più che di risposte, di pause più che di slogan, di dialoghi più che di direttive. È la leadership che serve alle PMI italiane che vogliono affrontare la transizione digitale senza perdere la loro anima. È la leadership che serve alle startup che vogliono crescere senza svendersi. È la leadership che serve a tutti noi, nel momento in cui ci chiediamo quale impatto vogliamo lasciare.
Dal fare al divenire: il vero viaggio dell’innovazione
In ultima istanza, Haiku Innovation è un libro che ci chiede di spostare il focus: dal fare al divenire. Dalla produttività alla consapevolezza. Dalla scalabilità alla sostenibilità. Dall’ottimizzazione all’evoluzione. Non per negare l’importanza dei risultati, ma per rimetterli in un quadro più ampio, in una visione sistemica e responsabile dell’agire economico.
Ogni blocco di questo libro è un invito a un viaggio. Un viaggio che non si misura in KPI, ma in trasformazioni interiori. Un viaggio che non si conclude con una exit, ma con una nuova consapevolezza. Un viaggio che non è mai individuale, ma collettivo, sistemico, condiviso.
Chi avrà il coraggio di percorrerlo troverà in queste pagine non solo strumenti e modelli, ma anche — e soprattutto — un modo nuovo di guardare il mondo.
Un modo che onora la complessità senza subirla. Che accoglie il dubbio senza paralizzarsi. Che pratica l’innovazione non come esercizio narcisistico, ma come atto di cura.
Un libro necessario
In un’epoca in cui siamo sommersi da contenuti, Haiku Innovation si distingue perché è contenuto con contenuto. Non è un manuale, ma un compagno di viaggio. Non è un testo da studiare, ma da vivere. Non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza.
È il tipo di libro che manca nel panorama italiano dell’innovazione: un libro che osa, che connette, che inquieta. Un libro che può parlare a un CEO e a uno studente, a un artigiano digitale e a un direttore generale, a chi guida una startup e a chi prova a innovare una cooperativa.
Un libro che, come l’haiku da cui prende il nome, concentra in poche righe un’intera stagione. Una stagione di passaggio, di trasformazione, di possibilità.
Grazie Fabio per averlo scritto.
E buon viaggio a chi lo leggerà, con mente aperta e cuore curioso.
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